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Cosa prova un padre a essere padre? Lo racconta con infinita poesia Donato Barile

Cosa si prova a essere padri?
Che ne sa una madre, che ne sappiamo noi figlie?


Mi sono spesso chiesta come ci vedono i nostri compagni, che sentimento prova mio marito quando prova a tendere le braccia a nostro figlio e si ritrova più spesso che mai un abbraccio negato e una richiesta continua e insistente di mamma?

Lui dice di capire. “La mamma è la mamma…”.

Io ci rimarrei malissimo. Mi sentirei rifiutata, mi metterei in discussione come genitore, forse piangerei. Forse non esagererei così tanto, ma di sicuro mi farei un sacco di pippe mentali farcite di tanti (nuovissimi) sensi di colpa.

I papà scrivono troppo poco sul web. Forse questo è proporzionale a quanto poco abbiano voglia di scendere così in profondo e, soprattutto, di condividere la propria interiorità con internauti sconosciuti.

Poi c’è Donato Barile che invece non può fare a meno di farlo. Copywriter creativo di professione, di grandissima cultura, dotato di rara sensibilità, pungente quanto basta, è diventato padre da poco.

Da allora non riesco a fare a meno di leggere il suo punto di vista, di guardare con gli occhi di un padre quel filo blindato, spesso simbiotico, ed esclusivo che lega indissolubilmente una madre e un figlio.

E poi scrive questa poesia:

“Non sottovalutate il tiepido. Non commettete mai questo errore.
Arriva il giorno in cui si capisce che la tiepidezza è quel valore, estremamente complesso, che ha molto a che fare con la genitorialità, coi primi mesi di vita di un neonato e con la vita in genere. 
Né troppo calda, né troppo fredda. L’acqua per lavare il piccolo dev’essere così.
E poi il latte, tiepido anch’esso. 
E così l’aria: lontano dalle correnti, occhio al sole, chiudi le finestre che fa freddo, coprilo, scoprilo, ricoprilo. 
Così la notte si sta, come un San Sebastiano qualunque, trafitto da sbadigli a dozzine, davanti al bollitore, alla ricerca della temperatura perfetta.
Comincia tutto da qui. Dalla produzione metodica della tiepidezza.
È una pratica complessa, che si consuma per lo più a notte fonda, da stanchi morti, con la faccia sgualcita e gli occhi bruciati da un sonno urticante. E le albe implacabili fuori, alla finestra, con i palazzi a bagno Maria nel primo sole. 
Con passo claudicante e ciabattoso si va col biberon in mano verso la madre per il verdetto definitivo.
– È troppo caldo, mettilo sotto l’acqua fredda.
– È troppo freddo, scaldalo ancora per trenta secondi trenta.
– Sì, certo, vado subito.
Eppure una volta era tutto un saltarsi addosso io e te, ricordi?
Cene, terrazze, bicchieri di vino bianco, amari, lingue in bocca a perdita d’occhio.
Siamo passati dai sonnellini a cucchiaio sul divano ai cucchiaini di Reuterin, e ci resta il sottinteso, il cenno con cui si invita l’altro a fare silenzio per non svegliare Colui che dorme.
Così si scopre la pazienza, che è la temperatura ideale tra l’incandescenza di un Vaffanculo e il gelido servilismo.
Così si scopre l’amore, quello vero, che è la temperatura ideale tra la fornicazione spinta e il pisciare con la porta aperta.
Così il tiepido si prende tutto, ma non per intiepidire, anzi per aggiungere valore, insegnare a mettere sul bilancino ogni momento, a dare un peso specifico ai baci, a trovare l’equilibrio, a riconoscersi interi in una condizione di parzialità che ti impedisce persino di fare la doccia quando vuoi. 
A star bene per una cosa così. Né calda e né fredda. Meravigliosamente tiepida.

Come ho scritto sul mio profilo Facebook: ve lo consiglio caldamente. Leggetene tutti. Leggete tutto.

Ida

  • Giovanni Villino

    Ciao Ida,
    bellissima poesia 🙂

    Anch'io sono un papà e ho cominciato a raccontare le mie (dis)avventure in un blog: http://www.papatumpete.com.

    A presto

    2 Agosto 2016 at 5:28 Rispondi
  • Anonimo

    Bello che un padre si apra così, alla vita e a noi lettori. Marisa

    2 Agosto 2016 at 13:34 Rispondi
  • Anonimo

    Ma questo padre… è anche bello!!

    11 Agosto 2016 at 6:13 Rispondi

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