20 anni. Ne avevi solo 20 Vicky.
“Il 2016 si conclude nel peggiore dei modi – hanno detto in tanti su queste bacheche – è morto anche George Michael, che tragedia“.
Ma chi diavolo lo conosceva George Michael, chi mai gli aveva stretto la mano o aveva ascoltato i suoi sogni, le sue paure, le sue preoccupazioni?
Io, invece, ti conoscevo Vicky e cercavo di mantenere con te il giusto distacco, anche se non perdevi occasione di chiamarmi “tesoro”; cercavo di ribadire con forza il fatto che non fossimo amiche, ma che io fossi la tua insegnante, anche se il tuo affetto e il tuo bisogno di vicinanza erano travolgenti. Anche se mi commuovevo con te, sognavo con te e speravo con te.
E ti volevo bene, ma tanto, anche se non te lo potevo dire, anche se mi arrabbiavo perché non mi ascoltavi, perché ti distraevi.
La tua testa.
Era sempre a fare grandi sogni, talmente tanto in volo da non riuscire a starle accanto. E sí che io di voli ne faccio.
Fra i miei amici di Facebook, ti conoscono in tanti.
290 per la precisione.
Ti facevi sentire tu, con tutti. Volevi esserci, volevi riuscire, volevi fare la giornalista di moda, volevi un’opportunità.
Ed eri così giovane che ce la potevi fare. Potevi fare tutto quello che volevi.
Qui, fra i miei amici, sei a casa.
Piccola grande Vicky, oggi mi lasci un vuoto che tu, forse, non avresti mai immaginato.
E allora lo grido qui, perché non posso più dirtelo: tu mi hai insegnato più di quanto io abbia provato a insegnare a te e ti voglio bene.
Da morire.
Non ho fatto in tempo a prendere il regalo di Natale che mi avevi fatto, ma ho con me il regalo che, in silenzio, hai voluto fare a mio figlio.
Gli racconterò chi eri, Vicky, gli racconterò la tua bellissima favola, quelle che ti piacevano tanto.
Non è giusto.
Ti voglio bene.