Il primo tatuaggio della mia vita: lo faccio anche se il 51% dei tatuati si pentono?
A 36 anni sto pensando seriamente per la prima volta di farmi un tatuaggio. Piccolo, innocuo, romantico, ma visibile. Sto pensando alle dita o ai polsi.
Che strana la vita.
Da adolescente l’ho desiderato a tratti, ma mai troppo intensamente e bastava che mia madre mi guardasse malissimo per abbandonare immediatamente l’idea.
Mi sarei tatuata una farfallina sulla caviglia.
Vent’anni fa andavano di moda. Ecco, oggi so che quella farfallina, di cui ricordo perfettamente le fattezze, non mi piacerebbe più. La troverei infantile e bruttina.
Poi è stata la volta delle stelle, quelle vuote, possibilmente sul piede.
Per soddisfare il mio desiderio, tutte le estati me le facevo tatuare con l’henné.
Le stelle sul piede, a pensarci oggi, mi darebbero meno fastidio della farfallina, ma neanche loro mi entusiasmerebbero e avrei voluto sicuramente modificarle.
Forse erano idee prive di significato, direte voi?
Forse per nessuno di noi occidentali il tatuaggio ha quel significato profondo che aveva e ha ancora per alcuni popoli, ma segue solo le mode?
Forse, chi lo sa. O forse – mi chiedo – sarà che non c’è niente che ci piaccia con la stessa intensità così a lungo (neanche un paio di Loboutin)?
Ma allora che fare?
Il tatuaggio si fa o non si fa?
E perché proprio adesso? Magari proprio perché sono più adulta, consapevole e mi sono accorta di quanto io abbia voluto andare controcorrente per anni e non farlo semplicemente perché ce lo avevano tutti?
Onestamente, molto onestamente, non lo so bene, ma ho letto delle statistiche che, mentre cercavo tatuaggi scritte che mi piacessero e facevo le prove con la penna come le ragazzine con la mia amica Sabrina Musco (che è bravissima a disegnare), mi hanno di nuovo paralizzata.
LO STUDIO: le statistiche dei pentiti del tatuaggio
Secondo uno studio condotto da Quanta System Observatory su circa 2000 italiani di età compresa tra i 18 e i 60 anni e un monitoraggio online sui principali social network, blog, forum e community dedicate, su 7 milioni di tatuati italiani stimati, ben 1,2 milioni si pentono. Mentre il 51% (!!!) vorrebbe modificarlo o sostituirlo.
Pare che la donna cambi idea sul soggetto scelto, mentre l’uomo si penta di averlo fatto troppo grande. A pentirsi più le donne (54%) contro il 46% degli uomini. La maggior parte di loro ha tra i 30 e i 40 anni (68%), il 45% tra i 18 e i 29 anni e al 41% tra gli over 40.
Di quali soggetti ci si pente di più?
- nomi di persone care o ex
- citazioni celebri, dediche, scritte (devo iniziare a preoccuparmi?),
- disegni tribali (spesso di grandi dimensioni),
- tatuaggi troppo colorati,
- ritratti,
- croci,
- scritte in cinese o giapponese.
E poi mi fermo e leggo la riflessione a corredo delle statistiche della psicologa Roberta Ganzetti:
«Alcuni momenti nella vita delle persone sono così significativi che emerge il desiderio di celebrarne l’esistenza e realizzarne la presenza a livello visivo, sulla pelle, quasi ad indossare un’emozione. Se pensiamo alla nostra personalità come una struttura in continua evoluzione non risulta difficile comprendere questo cambiamento come elemento fondamentale alla base di nuovi adattamenti creativi. A prescindere dalle tendenze, cancellare o sostituire un tatuaggio può rappresentare un’ulteriore forma di libertà per molte persone. Un segno stabile sulla pelle potrebbe allora non essere più congruente con l’intenzionalità comunicativa originaria…»
Sarà che tutto cambia e quindi è meglio che io continui a essere saggia?
Al momento sono in fase di stallo: oscillo tra alcuni desideri come questi
e lo studio (preventivo) di tecniche di rimozione di tatuaggi. Scopro il costo che bisognerebbe sostenere per il laser qualora ci si pentisse (minimo 100 euro a seduta moltiplicato per 5/10 incontri), capisco che se proprio devi farlo e magari poi ti penti, almeno bisognerebbe evitare i colori accesi e quelli pastello che sono praticamente impossibili da cancellare anche con i laser di ultima generazione.
Scopro che per rimuovere in modo definitivo i tatuaggi il laser più comune è il Q-switched (anche per le macchie della pelle): emette impulsi laser di durata brevissima, frammentando le cellule che contengono i pigmenti di inchiostro che poi verranno smaltiti naturalmente dal corpo. Funziona molto bene, meglio se la profondità del pigmento e la densità sono lievi e se il tatuaggio è vecchio.
Scopro che ci sarebbe una tecnica ancora più innovativa e veloce chiamata Picolaser, strumento che lavora in picosecondi, tempistica ristrettissima e molto costosa che permette di togliere il tatuaggio in sole tre sedute.
Guardo con curiosità le miracolose creme in vendita su Amazon che promettono di cancellare i tatuaggi (ma mi sa proprio che non è vero). Leggo, però, che cancellare i tatuaggi con una crema, in futuro sarà davvero possibile grazie a uno studente canadese, Alec Falkenham, che sta studiando una lozione per la rimozione indolore dei tattoo: la crema agirebbe esattamente come l’inchiostro, sfruttando quindi lo stesso processo che consente ai pigmenti colorati di rimanere intrappolati nella pelle.
Insomma, il 51% dei tatuati, in un modo o nell’altro si pente.
A questo punto io, in bilico, ascolterei le vostre storie. Vi va?
Fonte immagine copertina: blog.etsy.com
Valentina
Sono capitata per caso su questo blog, ho capito che ti piace scrivere, per questo motivo mi sento di dirti che scrivere innoquo invece di innocuo (errore da terza elementare?) e “pensare A fare” invece di di pensare DI fare (se pensa a qualcuno, si pensa di fare qualcosa) dovrebbero farti seriamente considerare l’idea di un ripasso delle regole base della ns bellissima lingua. Altrimenti fidati, la tua credibilità ne esce davvero minata!
Ida
Capita di sbagliare e andare veloce, troppo veloce. Ti ringrazio per i consigli e per aver comunque colto il mio amore per la parola.
P.S. Neanche le abbreviazioni come “ns” invece di “nostra” fanno bene alla nostra lingua (un po’ come xke), eppure lo hai scritto. Forse è meglio essere tutti più clementi e godersi il succo delle cose. Non credi? Un abbraccio. Ida