H&M perde contro una fashion blogger: quando non si ha paura di dire la verità il web diventa un mezzo potentissimo
Quando dico che uno dei (pochi) vantaggi di essere blogger è la libertà di poter scrivere quello che pensi veramente e come lo pensi, intendo proprio questo.
È successo in Norvegia, come racconta oggi in un articolo Il Mattino. Tre fashion blogger norvegesi sono state inviate in Cambogia, uno dei paesi dove H&M produce e realizza gli abiti, per partecipare a un docu-reality – Sweat Shop – realizzato dal quotidiano norvegese Aftenposten.
Le tre giovani sono state invitate a lavorare per un mese negli stessi laboratori tessili, per poter raccontare quello che si sperava essere un lavoro “dignitoso”.
E invece si sono trovate a vivere le stesse condizioni terribili degli operai, con turni e orari massacranti, e dormitori in alloggi che cadevano a pezzi.
Lo scopo del quotidiano era evidentemente, sin da subito, proprio quello di mostrare come neanche H&M facesse eccezione rispetto allo sfruttamento dei lavoratori (vedi lo scandalo di Zara o Primark), nonostante si prodighi molto a parlare di etica ed ecologia realizzando Conscious Collection e invitando tutti a portare loro gli abiti usati per non sprecare e rispettare anche in questo modo l’ambiente.
Quello che è successo, però, è che comunque alle tre blogger (non si sa perché) è stato fin da subito chiesto di omettere alcuni dettagli e di raccontare mezze verità (ma che docu-reality è? – mi chiedo).
Una di loro, però, la diciassettenne Anniken Jørgensen, ha deciso di raccontare la verità, intraprendendo autonomamente una campagna solitaria per far conoscere al mondo le reali condizioni dei lavoratori cambogiani.
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Anniken Jorgense, fashion blogger norvegese 17enne che ha sfidato H&M |
Ha raccontato ogni cosa e fatto i nomi sul suo blog, ma tutto poi è stato subito censurato, anche dallo stesso Aftenposten. Nonostante questo, la sua denuncia era già diventata virale, proprio grazie al potere del web, finché H&M non si è trovata costretta a invitarla nella sua sede di Stoccolma annunciando, nello stesso tempo, di aver preso provvedimenti nei confronti dei laboratori tessili con cui collaborava.
È del 12 ottobre il post del suo blog in cui si dichiara estremamente felice e orgogliosa di essere una blogger con dei lettori che l’hanno supportata e hanno reso possibile la vittoria di una grande battaglia. Li invita tutti, pertanto, a darsi una pacca sulla spalla, perché è grazie a tanti giovani ragazzi che qualcosa di davvero grande, per migliaia di lavoratori, è stato fatto.
Questo post, per ovvi motivi, non è stato censurato.
E brava Anniken!
mariafelicia magno
il potente mezzo del web..credo che cmq non abbiano scoperto nulla di nuovo..mi dispiace solo che si censuri sempre tutto
Vodkaskull
devo dire che questa diciassettenne è stata molto coraggiosa, tante si sarebbero cagate sotto per una questione di ritorsioni a livello legale
Riccardo Onorato
Forse sarò un po' cinico ma .. cosa avrà avuto in cambio? Mi sembra strano che la cosa sia finita così: in fondo chi può andare a controllare se le cose sono cambiate in Cambogia?