La sfilata di Balenciaga dopo lo scandalo che lo ha coinvolto per alcune controversie legate a una campagna pubblicitaria rilasciate dal brand lo scorso novembre, era attesissima: come e cosa sarebbe tornato a comunicare?
Dopo la sfilata nella tempesta di neve mentre iniziava da poco la guerra in Ucraina (FW 22), lo scenario post apocalittico in mezzo al fango aperto da Keanie West (che non se la passa benissimo) SS23, decide di fare tabula rasa da “contorni” shock che da un lato volevano raccontare nello stile Balenciaga il momento storico in cui stiamo vivendo e dall’altra – qualcuno dice – distoglievano l’attenzione dai vestiti che quasi non c’erano, perché tanto (alla fine) si vendono gli accessori: le sneakers, le borse indossate da Kim Kardashian e gli occhiali futuristici.
Ora, c’è chi dice che quella tabula rasa sia stato segnale di sconfitta creativa, di espiazione della colpa, di arresa e chi dice che dopo tutto questo rumore che coinvolge tanti, troppi brand e che vanno oltre il racconto fatto davvero solo per l’esigenza di raccontare (ma anche per diventare virali), sia stato meglio così.
E a dirlo è anche Demna Gvasalia, direttore creativo del brand, amante della comunicazione performativa da sempre: le sue non sono mai state solo sfilate, ma show, spettacoli, come quanto ha vestito i Simpson anziché fare una sfilata.
Il direttore creativo è tale perché crea davvero arte, lui in particolare.
Qualcosa però gli è sfuggito di mano, a lui e al brand intero e Demna ha davvero accusato il colpo:
«Sono stati tre mesi infernali, e non so davvero come ho avuto la forza di affrontarli mentalmente, ma avevo bisogno di andare avanti, di liberare me stesso-attraverso il mio lavoro, e quello che mi rende felice alla fine è fare abiti».
Ma a vederli bene la sua narrazione creativa, anche se un po’ più silenziosa, c’è comunque.
A partire dall’invito che questa volta era una cartamodello per riprodurre una giacca Balenciaga (e c’è chi ovviamente su Tiktok si è messo subito all’opera)…
… alla de-costruzione degli abiti che anche se sembrano cupi e tutti uguali sono molto altro: i primi look sartoriali neri oversize che hanno sfilato, infatti, sono la reazione a quello che gli era successo. Li ha fatti a dicembre, nel momento peggiore della crisi ,
«Cercavo un rifugio in cui trovare sollievo e proteggermi dal mondo: ho portato a casa un mucchio di pantaloni vecchi e ho iniziato a tagliarli per farne giacche, cappotti e altri pantaloni. Non era un gesto pianificato, avevo solo bisogno di fare qualcosa. Man mano, sono diventati i capi “sartoriali” che avrei voluto indossare».
È così che sono nati i capi a partire da una serie di pantaloni, prototipi della maison o pezzi vintage, che ha rigirato, e capovolto, trasformandoli in giacche e cappotti, invertendo i cinturini e gli orli.
Tutto, vestiti e accessori è stato stato ripulito quasi del tutto dai loghi. Gesto importante.
Così come l’assenza di una prima fila di celebrità.
Le spalle maxi dei completi diventano arrotondante nelle giacche biker che, si trasformano in corazze gonfiabili (con le camere d’aria cucite all’interno ispirate agli air bag da motociclista).
Gli accessori che stupiscono ci sono sempre: la nuova forma di occhiali, le non scarpe, gli stivali da moto riprendono la forma delle armature medievali (come nella collaborazione del brand con il videogioco Fortnite).
Ma ci sono anche abiti preziosissimi da red carpet a contrasto, il suo concetto di eleganza contemporanea.
Il luogo della sfilata era sotterraneo, pulito, le cui pareti sono state ricoperte da carta modello bianca. un luogo costruito appositamente per le sfilate di moda nel 1990, un riferimento al bisogno di tornare indietro, a Cristobal,
Ecco, dietro il nuovo Balenciaga c’è tutto questo.
Sconfitto o vincente?
Bello o brutto?
Ovviamente non c’è la risposta giusta, ma è bello scambiarsi un opinione.
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